riflessioni a margine di un'olimpiade su noi e la storia.
la flotta gialla, la olimpiada popular e cosa possiamo fare noi per essere dei dignitosi agenti storici.
Se c’è una roba che mi ossessiona è l’uomo nella Storia. Anzi, a voler essere sinceri, l’uomo in una dimensione alternativa alla Storia. Che la rimpiazza, la rende inopportuna rendendosi lui stesso inopportuno, la deride, la priva di quella grandiosità che le spetta in quanto successione di eventi per loro natura irripetibili (ci sono state due guerre mondiali e cinque repubbliche francesi, tutte consequenziali ma diverse). Oppure che la rimpiazzi, che ne prenda il controllo, che si imponga a questa. Insomma, in ogni caso una dichiarazione di esistenza e consapevolezza dell’essere al mondo (sia rifiutandola che sostituendola).
Proprio per questa ossessione nel nome della newsletter non compare la parola Storia, o Passato, o qualsiasi altra parola che vi venga in mente e che si adatti ad un progetto che tratta di divulgazione storica; si chiama Lezione di nuoto, come l’appuntamento che Franz Kafka annota sulla sua agenda il 2 agosto 1914, poco dopo aver scoperto che la Germania era appena entrata in guerra contro la Russia (“La Germania ha dichiarato guerra alla Russia. Nel pomeriggio, lezione di nuoto”). Il 2 agosto 1914 è un giorno fondamentale nello scacchiere della Prima guerra mondiale o il giorno nel quale Kafka ha migliorato il suo stile libero? Entrambe le cose. Lo dice la Storia.
Proprio per questo, grandi eventi come le Olimpiadi nel mio modo (forse stupido) di interessarmi alle cose assumono senso solo nella spinta propulsiva, nella loro proiezione forse, verso il basso, verso la gente. Niente contro le Olimpiadi in sé (chi ha qualcosa contro le Olimpiadi in sé? come si fa ad avercela con le Olimpiadi? un tedoforo ti ha rovesciato la birra con una spallata mentre correva verso il braciere e non ha avuto neanche la decenza di chiederti scusa?), è solo che un evento dalla portata mondiale che si ripete periodicamente con nessuna variante, nel modo che intendo io la Storia, mi suscita paradossalmente e personalmente poco interesse. Interesse sportivo magari sì, comunitario pure, ma storico - se finalizzato a sé stesso - poco poco.
Negli ultimi giorni, mentre venivamo tutti inondati dalla promozione delle inopportune Olimpiadi di Tokyo iniziate venerdì, ho pensato molto a questa cosa. Ho ripensato a due Olimpiadi - se così si possono chiamare, come capirete tra poche battute non sono proprio Olimpiadi -, che a me onestamente non solo riempiono il cuore più di ogni cerimonia di apertura o irricevibile retorica sullo sport come metafora del mondo che si rialza dalla pandemia, ma hanno aiutato alcune riflessioni su quella roba dell’uomo nella Storia che vi dicevo prima. La prima sono le Olimpiadi del Lago Amaro (nome pazzesco), organizzate dai marinai delle quindici navi rimaste bloccate nel canale di Suez durante la Guerra dei sei giorni; l’altra è la Olimpiada Popular, la contro-olimpiade organizzata nel 1936 dal Frente Popular e dal governo catalano in funzione alternativa e antagonista rispetto a quelle della Germania nazista.
Non credo che il punto di questo scritto siano le due Olimpiadi in sé, nonostante le storie siano belle e interessanti. Quindi ok, ve le racconto, ma veloce veloce. Le Olimpiadi del Lago Amaro (nome pazzesco, di nuovo) si inseriscono nel contesto del blocco del canale di Suez imposto dal presidente egiziano Nasser nel giugno 1967, quando l’aviazione israeliana iniziò a bombardare la zona del Sinai (vicina al canale). Per non rischiare di perdere il canale Nasser lo chiuse e le navi mercantili che erano rimaste dentro… erano rimaste dentro. I passeggeri furono evacuati, ma le navi (quindici; quattro britanniche, due svedesi, due americane, due polacche, due tedesche, una francese, una bulgara e una cecoslovacca) e gli equipaggi - che erano autorizzati a darsi il cambio con altri in patria - dovevano rimanere lì. Ci rimarranno complessivamente otto anni, tant’è che la vicenda divenne famosa come il nome di flotta gialla, per la sabbia che ricopriva ogni cosa.
Nel 1968, quando erano fermi già da un anno, gli equipaggi - che avevano creato una bella comunità internazionale - decisero di ingannare il tempo organizzando una mini-Olimpiade, dove gli atleti (gli stessi equipaggi, ovviamente) si sfidarono in quattordici sport diversi, tra i quali vela, immersioni, corsa, salto in alto, tiro con l'arco, tiro a segno e pallanuoto. La stampa inglese seguiva i giochi con entusiasmo, roba del tipo che il Daily Express sponsorizzò l’equipaggio inglese e inviò materiale per le varie gare. Alla fine vinsero i polacchi, davanti a tedeschi e inglesi. Bravi.
Se la storia delle Olimpiadi dei marinai bloccati nel canale di Suez fa sorridere, la storia della Olimpiada Popular invece è più seria. Non realizzato per lo scoppio della guerra civile spagnola, era il progetto di una contro-olimpiade rispetto a quella hitleriana del 1936 a Berlino. Si erano detti disponibili a partecipare seimila atleti americani, britannici, olandesi, belgi, cecoslovacchi, danesi, norvegesi, svedesi ed algerini, mentre l’Italia fascista e la Germania nazista sarebbero state rappresentate da atleti in esilio per motivi politici o ebrei. Sarebbe stata un’Olimpiade nella quale la dimensione politica era forte, con tanti atleti che facevano parte di sindacati, partiti comunisti o socialisti. Gli sport andavano dagli scacchi alle danze popolari (gli atleti, infatti, potevano decidere di rappresentare la loro comunità locale e non quella nazionale) e si puntava tantissimo sull’inclusione delle atlete donne. Poi scoppiò la guerra civile e c’era da combattere Franco, da difendere la Repubblica, arginare il fascismo; tanti atleti si arruolarono nell’Ejército Popular de la República o nelle Brigate Internazionali e la Olimpiada Popular venne messa da parte.
Entrambi i casi sono molto interessanti per la dimensione dell’uomo nella Storia che dicevamo prima, perché abbiamo entrambe le strade che l’uomo possa prendere nei confronti della concatenazione di eventi che lo definiscono. La lettura che si può dare della Olimpiada Popular ed il suo posticino nella Storia è abbastanza lineare e semplice, come lineare e semplice sono le letture di tutte le contro-manifestazioni e, in generale, di tutte le esperienza che tendono a sovvertire lo stato attuale delle cose. Ritagliarsi il proprio posto nel mondo, imporsi agli eventi, impossessarsi della Storia. Esistere in maniera antagonista al presente e combatterlo proprio con la propria esistenza. Senza guerra civile spagnola ed in una timeline dove la Olimpiada Popular fosse stata realizzata non ci sarebbero state le Olimpiadi di Berlino 1936, Jesse Owens, l’occasione propagandistica per Goebbels e la Storia come la conosciamo. Ci sarebbe stata una contro-olimpiade importantissima (non come quella che effettivamente venne giocata a New York) che avrebbe eroso la legittimità della XI Olimpiade ufficiale. Un intervento a gamba tesa sulla Storia.
Il caso della flotta gialla, invece, essendo per sua natura divertente e politicamente innocente, fa leva sulla simpatia che suscita l’uomo alla periferia della Storia. Si parla di una periferia fittizia e paradossale, dato che i marinai erano nel cuore della Guerra dei Sei giorni e ancorati nel posto dove erano puntati gli occhi del mondo (il canale di Suez), ma il loro comportamento li ha resi periferici in quanto speculari. Non solo esiste la specularità movimento/immobilità (i riferimenti che mi vengono in mente qui sono quelli al controsenso di una nave mercantile ancorata, quando è nata per viaggiare, e alla velocità dell’aviazione israeliana, che con la propria velocità d’azione fece durare la guerra - appunto - sei giorni), ma anche quella con l’Olimpiade ufficiale di Città del Messico, quella clima festoso/guerra, ma anche il paradosso concettuale del canale di Suez chiuso con navi bloccate dentro.
Ogni evento, anche il più scemino - come la falsa Olimpiade organizzata da dei marinai bloccati nel canale di Suez - o irrealizzato - come il progetto della Olimpiada Popular - , ha un suo posto nella Storia. Ed è quello che conferisce senso, legittimità e bontà d’azione. Niente esiste in funzione propria, nulla è un’isola, tutto è Storia, e Storia sono eventi concatenati. Puntare i piedi, reclamare la propria perifericità, inadeguatezza, il proprio essere paradosso ideale allo stato attuale delle cose, o imporsi per rovesciarlo, sono due facce della stessa medaglia (magari proprio olimpica) nella storia dell’uomo che esiste. Essere altro, onestamente, credo sia l’ambizione più alta che si possa avere.
Ho finito! Nella mia testa tutto questo aveva un grande senso, le possibilità che trasformandolo in parole scritte sia diventato una barzelletta sono alte. Ma vabbè, ho scritto tanto e non vi rubo ancora tempo. Le cose che vi devo dire sono le solite di ogni fine newsletter: spero vi sia piaciuta, fatemi sapere che ne pensate rispondendo a questa mail o scrivendo su Instagram, giratela ad amici e amiche, vaccinatevi e state a casa nelle ore più calde della giornata. CiaoOoOOoOOOooooo.