partigiani polacchi che prendono per il culo i nazi.
copernico, kiliński, prendi una pala e scava una buca: quando non c'è niente da ridere ma fa comunque ridere.
In Polonia tra il 1939 e il 1945 c’è stato davvero poco da ridere. Geopoliticamente talmente sfortunata da essere esattamente nella morsa tra Germania e Russia - le due forze continentali che hanno fatto il buono e il cattivo tempo del secolo scorso -, l’attuale Repubblica di Polonia ha contato negli anni della seconda guerra mondiale all’incirca 6 milioni di vittime (tra le quali la comunità ebraica locale, praticamente sterminata) su meno 35 milioni di abitanti contati ad inizio guerra. Numeri che sembrano parlare per sé ma che in realtà non tengono di conto di tutte le altre maniere nelle quali si possa distruggere un popolo e il concetto di questo, ovvero la riduzione a macerie di tantissime città, la contrazione delle nascite, l’annientamento della cultura e della lingua, lo spostamento coatto di popolazioni regionali culturalmente polacche in Ucraina, Bielorussia e Lituania (con bande di nazionalisti locali - soprattutto ucraini - che ne uccisero tra i 50 e i 70mila); i periodi più bui furono quelli nel momento di ritiro nazista e avanzata sovietica, quando interi territori erano considerati terra di nessuno e scenario di violenze difficilmente immaginabili.
E per questo, dicevo, non c’era un cazzo da ridere. Tranne nell’inverno tra il dicembre 1941 e il marzo 1942 a dirla tutta, quando le statue di Varsavia iniziarono magicamente a parlare e condottieri di fine Settecento, insieme ad astronomi del XVI secolo, svilupparono il brutto vizio di prendere per il culo le truppe di occupazione tedesche. Le stesse truppe che contemporaneamente avevano lasciato più di 100mila uomini, residui della fallimentare Operazione Barbarossa (l’offensiva tedesca per l’invasione dell’Unione Sovietica iniziata nel giugno del ‘41 e finita a schiaffi in faccia dati fortissimo), nella sacca di Demjansk ad affrontare l’inverno russo accerchiati dall’Armata Rossa. I polacchi ridevano perché ai nazisti gliel’avevano dedicato e giurato quel lungo e freddo inverno sul fronte orientale. Anzi, se proprio vogliamo essere precisi era stato Niccolò Copernico a farlo.
Come scrive la storica britannica Halik Kochanski nel suo The Eagle Unbowed: Poland and the Poles in the Second World War, tutto nacque da una statua - appunto - di Copernico. Era dal 1940, poco tempo dopo che erano entrati a Varsavia, che i nazisti del Governatorato Generale (la forma di amministrazione che gestiva la parte di Polonia non annessa direttamente ai territori tedeschi, riguardatevi la mappa sopra nel caso) avevano messo gli occhi sulla statua dell’astronomo. Copernico secondo i nazisti, nato in Prussia da una famiglia polacco-tedesca, era tedesco molto più che polacco e per questo non tolleravano che quelle due targhe sulla statua si riferissero una ad un tale Nicolaus Copernicus, l’altra - peggio ancora - a Mikołaj Kopernik. Vennero quindi tolte quelle in polacco e in latino, sostituite da una soltanto in tedesco: DEM GROSSEN ASTRONOMEN NIKOLAUS KOPERNIKUS; il grande astronomo Nikolaus Kopernikus. La targa - credo non ci sia bisogno di specificare che fu un arbitrario atto di soggiogamento culturale oltre ad uno spregio verso un popolo ritenuto razzialmente inferiore, non una sorprendente novità di uno studio avanguardistico in ambito storico-scientifico sulla genealogia di Copernico - non fu mai digerita dai polacchi orgogliosi del loro astronomo, e nell’inverno del 1942 fu fatta sparire; a rivendicare l’azione fu l’associazione segreta scout Organizacja Małego Sabotażu „Wawer” (Organizzazione Piccoli Sabotaggi “Wawer”, una località di Varsavia).
Una volta che i nazisti se ne accorsero annunciarono, con firma di Ludwig Fischer, il Governatore nazista del Distretto di Varsavia, che
Recently, criminal elements removed the tablet from the Copernicus monument for political reasons. As a reprisal, I order the removal of the Kiliński monument. At the same time, I give full warning that, should similar acts be perpetrated, I shall order the suspension of all food rations for the Polish population of Warsaw for the term of 1 week1.
Il Jan Kiliński al centro della rappresaglia di statue ordinata da Fischer era (ed è) un eroe nazionale polacco, un calzolaio che aveva guidato l’insurrezione di Varsavia nel 1794 contro l’Impero russo; insurrezione fallita ma centrale per il sentimento nazionale polacco. Era proprio su figure come la sua, o quella del compositore polacco Fryderyk Chopin, che si concentrava la caratteristica “lotta alle statue” nazista. Grazie all’intervento del direttore del Museo Nazionale di Varsavia si riuscì a salvare la statua dalla distruzione facendola “rinchiudere” nel Museo; peccato che il posto di una statua di un eroe nazionale sia una strada, non un museo, e per ribadirlo sulla facciata dell’edificio dove era in punizione Kiliński apparve una scritta sempre ad opera della Wawer: “Gente di Varsavia! Sono qui!”, firmato Kiliński Jan.
Una settimana dopo la scrittina di Kiliński fu di nuovo Copernico a parlare ai nazisti. In una prosa e in un’estetica che richiamavano il proclama di Fischer, sulla statua dell’astronomo venne attaccato sempre da Maciej Aleksy Dawidowski - leader della Wawer, autore della rimozione della targhetta di Copernico e in seguito martire anti-nazista a soli 22 anni -, un proclama di risposta:
Recently, criminal elements removed the Kiliński monument for political reasons. As a reprisal, I order the prolongation of winter on the eastern front for the term of two months2.
Questa volta a firmarlo era lo stesso “Mikołaj Kopernik, astronom” che svettava sopra il proclama e che sembrava non avere nulla a che fare con quel tale Nikolaus Kopernikus. Una rappresaglia che, tra la neve della sacca di Demjansk, si materializzerà davvero.
Il teatro delle marionette in scala cittadina con Copernico e Kiliński protagonisti messo in scena dai gruppi della Resistenza polacca piacque talmente tanto alla gente di Varsavia che quello di prendere per il culo i nazisti facendo la parodia dei loro stessi proclami diventò una strategia di resistenza a tutti gli effetti per i partigiani polacchi. Ad esempio, quando i nazisti nel 1943 scoprirono nella foresta di Katyn' i corpi di 20mila polacchi (principalmente ufficiali dell’esercito) uccisi e sotterrati dai sovietici nel 1940, pensarono di aver vinto al Superenalotto. Il massacro poteva essere utilizzato come strumento di propaganda anti-sovietica e per far montare l’odio verso i russi nella popolazione, avvicinandoli di conseguenza ai tedeschi. L’Ufficio per le Informazioni della Resistenza polacca però ebbe un’idea migliore e, riprendendo il proclama nazista che annunciava l’istituzione di una commissione che avrebbe esaminato approfonditamente la foresta per rendere giustizia ai polacchi, ne fecero uno identico (tant’è che la Kochanski riporta che diversi soldati nazisti ci credettero), che continuava però con
In this connection, the General Government has ordered that a parallel excursion be organised to the concentration camp at Auschwitz for a committee of all ethnic groups living in Poland. The excursion is to prove how humanitarian, in comparison with the methods employed by the Bolsheviks, are the devices used to carry out the mass extermination of the Polish people.
A Cracovia, poi, le targhe “Solo per tedeschi” presenti su tutte le panchine furono sostituite da messaggi del tipo “il culo è vostro ma le panchine sono nostre”, mentre anche gli opuscoli di propaganda linguistica vennero usati per farci due risate sopra; come il tristemente famoso opuscolo tipico dell’occupazione nazista dell’est “Imparate il tedesco!”, ad esempio, ripreso dai falsari della Resistenza polacca per farne una copia identica con la sola differenza che, al posto di frasi utili nella vita quotidiana sotto occupazione come in quello originale nazista, si potevano leggere frasi che avrebbero dovuto usare i partigiani polacchi per interrogare i soldati nazisti catturati. Robe tipo:
Alt!
Mani in alto e faccia a terra!
Sei stato un membro del partito nazista, delle SA o delle SS?
Chiunque menta sarà ucciso.
Vi tratteremo come i tedeschi hanno trattato noi.
Mani dietro la testa e faccia al muro.
Prendi una pala e scava una buca.3
Insomma, se da bimbi ci hanno insegnato che uno scherzo è bello quando si ride tutti - chi lo subisce e chi lo fa -, il passaggio sulla pala e sulla buca è allo stesso tempo il climax ironico e la fine dello scherzo. Perché quando non c’è davvero un cazzo da ridere non c’è neanche un cazzo da scherzare. C’è da sparare ai nazisti, piuttosto. Come i polacchi.
Halik Kochanski, The Eagle Unbowed: Poland and the Poles in the Second World War, Harvard University Press, Cambridge, MA, 2012.
Halik Kochanski, The Eagle Unbowed: Poland and the Poles in the Second World War, Harvard University Press, Cambridge, MA, 2012.
Mark Mazower, L’impero di Hitler. Come i nazisti governavano l’Europa, Mondadori, Milano, 2010.