Come tanti e tante di voi, ho passato i giorni scorsi a fissare mappe del voto in Germania. Per chi se lo fosse perso, long story short: i democristiani hanno vinto, i nazisti sono arrivati secondi (guadagnando una marea di voti), quelli che hanno ammazzato Rosa Luxemburg terzi (perdendo una marea di voti), gli inetti dei Verdi quarti; la sinistra filo-israeliana, a favore delle armi in Ucraina e che si nutre (parzialmente) di quello che Stefano Azzarà ha chiamato “universalismo astratto”, invece, ultima tra quelli entrati in parlamento - ma comunque entrati in parlamento. Tante brave persone sono contente per questo ultimo dato, per il fatto che Die Linke abbia una rappresentanza nazionale, e forse dovrei esserlo anche io. Il problema mio è che sono contento solo quando è l’ora di andare a letto o la mia mamma fa il polpo con le patate.
Quando non fissavo quelle mappe, leggevo interpretazioni di queste. Le persone che scrivevano le cose che io poi leggevo certe volte erano sveglie, certe volte proprio dei grandi, altre invece dei miserabili cretini. Perché certa gente è semplicemente miserabilmente cretina, e dobbiamo smetterla di chiamarla con nomi diversi da questa. C’erano dei brevi momenti di pausa da queste mappe tutte grigie da una parte e tutte celesti da un’altra con dei piccoli e tutto sommato insignificanti puntini rossi qua e là. Questi momenti erano dedicati, principalmente, a mangiare, dormire e ascoltare FAME, l’ultimo album di Jake La Furia. C’è una canzone in particolare che ho ascoltato e riascoltato, soprattutto il pre-ritornello. È la traccia 12, si chiama L’ultimo giorno del mondo e la cantano Jake La Furia, Rkomi e Guè - che, oltre alla strofa sua, canta proprio il pre-ritornello. Fa un incastro pazzesco, di quelli che ti fanno ricordare che è il più grande di tutti: chiude 2004 con cazzo.
“Ho due cubane al collo (eh) dal 2004 (eh) /
perché sembro sempre un G mentre tu sembri il cazzo (okay)”
Ecco, queste persone più o meno intelligenti delle quali parlavo prima guardavano queste mappe e scrivevano: sembrano l’argine moderato all’estrema destra; oppure, sembrano una valanga di estrema destra che sbaraglia i moderati; o, anche, sembra l’evidenza che Musk e Trump i voti li fanno perdere più che guadagnare - ovviamente accompagnato dall’evidenza che questo successo di AfD sia stato possibile grazie alle interferenze di Musk e Trump. Ad alcuni è sembrata aria pura, ossigeno per i nostri malconci polmoni liberali; ad altri è sembrato un cancro che si sta divorando l’Europa intera. A tanti è sembrata la cartina della Germania ai tempi del muro di Berlino: dove c’era l’Ovest ora vince il centro-destra, dove c’era la Repubblica Democratica Tedesca invece i nazisti sbaragliano la concorrenza. Fa impressione: anche Berlino è divisa in due, a Est del fu muro vince Die Linke, a Ovest la CDU. Sembra la guerra fredda, ho letto. A me, come direbbe Guè, sembra il cazzo.
Sembrare il cazzo è un’italianizzazione dell’espressione napoletana par o cazz, presente anche nella strabiliante variante par o frat ro cazz (sembrare il fratello del cazzo). Come tante espressioni popolari, anche se un tempo aveva un significato preciso ora può voler dire un po’ di tutto: che sei stupido, o imbranato, o arrogante, o brutto, o senza senso, o fuori luogo, o ridicolo. Sembrano il cazzo le mappe interattive del voto tanto quanto le analisi di queste, ed entrambe le partite si giocano sul campo del Novecento - un esercizio mentale difficile da evitare quando si parla della Germania. Per quanto riguarda il primo aspetto, la storia tedesca aveva da qualche anno un po’ di nausetta e alla fine ha vomitato sul tavolo imbandito con tutti i parenti seduti attorno. Dal punto di vista nostro, invece, ci abbiamo capito poco e nulla. Ci diciamo che questo successo è avvenuto perché i tedeschi non hanno mai estirpato il fantasma nazionalsocialista rinchiuso nell’armadio. Che la colpa è del populismo, di Trump e Musk. Pensiamo all’incendio del Reichstag perché ci fa comodo, perché così ci raccontiamo che le persone sono cattive o naziste e andiamo a dormire sereni. Io penso il contrario: che il passato tedesco da prendere in considerazione sia quello socialista, non quello nazista. Sono mappe che indicano la luna, e noi guardiamo il dito - che, se ci fate caso, ha proprio la forma del fratello del cazzo.
C’è un qualcosa che non torna, ed è evidente fin dall’inizio: quella che un tempo fu la Repubblica Democratica Tedesca è la zona di Germania, e forse d’Europa, che dovrebbe essere la meno soggetta alle inclinazioni naziste. Storicamente, è la realtà venutasi a creare dalle macerie della Seconda guerra mondiale dove i conti con il nazismo sono stati regolati di più e meglio. Mentre in Germania Ovest alla voglia di pulizia è presto subentrata la realizzazione che simmo ‘e Bonn paisà, in Italia la giustizia partigiana è stata immediatamente criminalizzata e nella Francia di Vichy gli unici collaboratori colpiti sono state le donne che con i tedeschi ci andavano a letto per pane o quieto vivere, in Germania dell’Est le cose sono state fatte in maniera decisamente più seria. Soprattutto all’inizio dell’esperienza storica della DDR, quando il paese era effettivamente un pupazzo dell’Unione Sovietica - a differenza della coda della sua storia -, Magdeburgo o Lipsia o Berlino Est non erano dei bei posti per chi aveva avuto ruoli decisionali nel regime hitleriano.
E poi? E poi, come dice giustamente Bad Bunny, “avrei dovuto fare più foto quando ti avevo / avrei dovuto darti più baci e abbracci quando potevo”. Tutto finisce: l’idea di un mondo più giusto e le disgustose ambizioni autoritarie; una società modesta ma eguale così come uno stato di polizia; il soffocante apparato propagandistico e lo standard di vita più alto dei paesi socialisti al tempo. La storia del muro che crolla l’ho già raccontata diverse volte, ad esempio qui, qui, qui, qui e qui, ma è sempre salutare tornarci sopra. Con la caduta del muro di Berlino, la Repubblica Democratica Tedesca viene annessa al già esistente vicino dell’Ovest, e tutta la sua eredità polverizzata. La straordinaria Katja Hoyer nel suo straordinario Beyond the Wall (Penguin, 2023) scrive:
È allettante vedere il 3 ottobre 1990 come il ripristino dello status quo della Germania. Ma questa interpretazione equipara il concetto di "tedesco occidentale" a quello di "normale". Molti presumevano che fosse solo una questione di tempo prima che i cittadini dell'ex DDR abbandonassero le abitudini impresse in loro da un sistema socialista estraneo e tornassero a essere di nuovo pienamente tedeschi. Eppure, ai tedeschi orientali non è stato chiesto di tornare a qualcosa di cui facevano parte in passato, ma piuttosto di integrarsi in uno Stato tedesco occidentale che si era evoluto senza di loro dopo la Seconda guerra mondiale. Sebbene vi siano radici culturali, linguistiche e sociali comuni, ciò che era cresciuto a partire da esse dal 1949 in poi aveva subito una divergenza tra Est e Ovest. […] Mentre la vita dei tedeschi occidentali è proseguita come prima, per i tedeschi orientali il 3 ottobre 1990 ha scatenato un'ondata di cambiamenti la cui forza, direzione e velocità erano incontrollabili. Era una questione di nuotare o affogare.
Qualcuno ha nuotato, altri sono affogati. In tanti hanno potuto finalmente dire quel che era importante dire: che la Stasi era una merda, Honecker un criminale e che lo Stato doveva andarsene a fare in culo. Qualcuno l’ha anche urlato, e dopo si è sentito una meraviglia. Altri l’hanno urlato, ma dopo non si sono sentiti una meraviglia, o una merda, o una donna o un uomo nuovi. Per tanti l’incontro con la libertà ha significato la libertà di poter visitare i propri parenti, per tanti altri la libertà di essere poveri. Una fetta importante di ex cittadini della Repubblica Democratica Tedesca ha vissuto l’incontro con il capitalismo come qualche anno prima aveva affrontato quello con il primo nativo americano.
Sempre Hoyer racconta di come i film Western e la mitologia dei “cowboy contro indiani” fossero una vera ossessione per il pubblico tedesco, Est come Ovest. Era evidente per tutti, anche e soprattutto per Ronald Reagan; nel 1987 infatti mandò Ross Swimmer, l'Assistente Segretario degli Interni per gli Affari Indiani, a fare un tour propagandistico nella Germania Est. “L'idea che un vero Cherokee, per di più l'ex Capo Principale della Nazione Cherokee, visitasse la provincia della Germania Est”, scrive Hoyer, “suscitò grande entusiasmo”. Questo entusiasmo durò poco, però: un incontro al museo Karl May (il più grande scrittore tedesco di western) a Radebeul, vicino a Dresda, si trasformò in un momento di forte imbarazzo. Quel tipo poteva essere il tuo vicino di casa, non uno di quei formidabili guerrieri a cavallo. "Sembrava un banchiere”, ricorda qualche anno dopo Peter Claussen. “Non aveva i capelli lunghi, nessuna piuma sulla testa. Indossava solo un abito blu e una cravatta rossa. Sembrava un repubblicano. Un politico perfettamente normale". In effetti era un repubblicano, un politico perfettamente normale.
Non era tutto rosa e fiori, o blue jeans e walkie-talkie - due tra i prodotti consumistici più invidiati e richiesti in Germania Est. Nel paese più autoritario e minaccioso d’Europa, nel folle posto dove diversi diplomatici statunitensi si lamentavano del fatto che quando tornavano a casa dopo una giornata fuori scoprivano che qualcuno aveva cacato nel loro bagno e non aveva tirato l’acqua (era lo strano modo con il quale la Stasi ti comunicava che eri oggetto di attenzioni), c’era comunque qualcosa che poi è mancato a livello di vita materiale: gli affitti sovvenzionati, anche nei nuovissimi appartamenti con riscaldamento centralizzato, bagni e cucine, costavano una piccola frazione degli stipendi. Frigoriferi, televisori e lavatrici erano diventati oggetti di uso quotidiano e il reddito medio mensile aumentò costantemente, passando da 755 marchi nel 1970 a 1.021 marchi nel 1980. Il 40% dei cittadini possedeva una macchina. Lo storico Stefan Wolle nel suo Aufbruch nach Utopia (Ch. Links, 2011) ha scritto che “lo stato faceva tutto ciò che poteva per aiutare le donne”: nel 1981 il 91% delle donne lavorava, il tasso più alto al mondo. Nel 1986 il 50,3% degli studenti universitari erano donne. “In generale, le donne erano finanziariamente e in altri aspetti indipendenti dai loro mariti in un modo che era insolito in molte altre società, inclusa la Germania Ovest”.
Parlo di cose materiali perché oggi nessuno ne parla più, ma se volete parliamo anche di cose come la cultura di un popolo, le parole che lo emozionano, i fotogrammi che plasmano la sua idea di amore e amicizia e primavera. Carolin Würfel sul The Guardian ha scritto che:
Quando il Muro di Berlino cadde il 9 novembre 1989, segnò l’inizio della fine dell’arte e della letteratura della Germania Est. Tutto ciò che aveva plasmato la nostra storia culturale venne dimenticato, cancellato con le parole e con la scrittura. I tedeschi occidentali si appropriarono della narrazione, e il loro verdetto fu chiaro: l'ex stato della Germania Est era sbagliato in ogni aspetto e non valeva nulla. Ciò significava anche che libri, opere teatrali, dipinti, sculture, film e musica furono sepolti e lasciati indietro, perché anch’essi erano considerati sbagliati.
Anche qui: qualcuno nuota, qualcuno affoga. C’è chi ha scoperto che la musica di Nena o Herbert Grönemeyer era fighissima, o i romanzi di Bernhard Schlink, e andava bene così. C’è anche chi non ha letto più libri o ascoltato più musica che fosse sua, del suo paese. Qualcuno nuota, qualcuno affoga. E se fosse questa la radice di questo disastro sotto forma di elezioni, più che il passato nazista? Come si spiega che il posto dove i nazisti sono stati più seriamente perseguiti e perseguitati dopo la guerra, il posto dove si accolgono meno immigrati in Germania, un giorno si sia svegliato di estrema destra?
La politica di AfD oggi e di Pegida ieri non ha riscontro con la realtà nell’ex Germania Est, eppure fanno il pieno di voti. “Il nostro territorio è invaso da immigrati”, e non è vero - non sto dicendo che un forte afflusso di migranti sia benefico o nocivo, sto dicendo che in quei territori non è vero. “Questo paese è tornato ad essere regime comunista”, ha scritto il presidente di AfD in Turingia Björn Höcke - che è di Lünen e un regime comunista non l’ha mai neanche sfiorato in vita sua. Solo bugie, che danno folklore - e nessuno più dei tedeschi ama il folklore - ad una verità storica: 16 anni di neoliberismo e politiche di austerity di Angela Merkel hanno inculato questa parte di Germania. Sono cose che dovrebbe dire la sinistra, ma non lo fa - anzi, la stessa scende in piazza a rimpiangere l’ormai pensionata Merkel, che vantava una politica di chiusura verso AfD ancora più forte di quella dell’attuale leader della CDU.
Le radici di AfD non si trovano in Hitler, in Goebbels o nell’invasione della Polonia. O meglio: magari sì in casi individuali, di qualche esaltato di merda che finalmente ora può uscire dalla fogna, ma assolutamente no a livello di movimento. E quasi mi dispiace, eh - ci metterei due minuti a fare qualche chiamata a buttare giù la Brigata Partigiana Igor Protti e a passare il time of my life sui monti della Garfagnana aspettando che i crucchi passino il Brennero. Le radici di questo disastro, piuttosto, si trovano nelle commoventi scene di tedeschi e tedesche che festeggiano sulle rovine del muro di Berlino. Nei blue jeans, la Coca Cola e la libertà di distruggere la comunità a favore dell’individuo. Nei murales che ci sono ora nell’East Side Gallery, nel passaggio da un’economia di stato al neoliberismo, ecco dove trovi il germe dell’AfD. Alice Wendel non è la voce di chi sparò a Babij Jar, ma la voce di chi nel 1989 poteva solo nuotare o affogare, ed è finito per affogare. Ora il cadavere è tornato a galla: tutto gonfio, mezzo decomposto e di estrema destra.
Insomma, si capisce che queste righe le ho scritte mentre sono molto arrabbiato. La rabbia va coltivata e abbracciata, non respinta - solo ad un patto, però. A patto che la si dedichi a qualcuno. Io la mia rabbia oggi la dedico a chi si muove e lascia la propria casa in un paese lontano, e a chi rimane senza una casa e un paese pur non essendosi mai mosso di un centimetro. Ad un giorno dove ci sarà una casa in comune, con delle stanze grandissime e spazio per tutti e per tutte. Indipendentemente dalle bugie alle quali abbiamo creduto e dalle cose che ci hanno spaventato così tanto da farci fermare il cuore. Spazio per tutti, tranne per chi ci ha diviso e terrorizzato e detto che le case piccole funzionano meglio perché paghi meno di riscaldamento. Che decide le nostre identità, ci fa l’occhiolino e subito dopo il dito medio; che ci chiama in tanti modi, tranne chi siamo veramente: o frat ro cazz, i fratelli del cazzo.
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